Bagnino

Pubblichiamo integralmente l’articolo di Stefano Mazzei, Direttore della SNS Sez. Isola d’Elba. L’articolo mette in luce alcune grosse lacune che affliggono ancora il nostro settore, costretto troppo spesso ad attenersi a leggi e regolamenti anacronistici.

L’ultimo rapporto 2008 del Ministero della Salute, indica che il 96,2% delle coste balneabili nazionali, sono risultate esenti da inquinamento. L’Italia, può quindi vantare ben 4.970 km di spiagge e mare pulito, 26 in più dello scorso anno. Un dato sicuramente eccellente, ma si può dire altrettanto per la sicurezza di chi frequenta questi luoghi nel periodo estivo ?

Le spiagge normalmente vengono classificate in tre diverse tipologie:
a) “sorvegliate”, lidi dove generalmente sono presenti stabilimenti balneari oppure cooperative di bagnini, queste ultime tramite apposite convenzioni con comuni e concessionari, assicurano un servizio di salvataggio;

b) “libere attrezzate”, sono spiagge dove il servizio di salvataggio, è spesso fornito dal così detto “Punto Blu”, cioè una postazione con un bagnino, il quale in cambio di questo servizio all’utenza balneare, riceve dal Comune la licenza di noleggio attrezzature balneari (lettini, ombrelloni, pedalò, ecc.);

c) “libera”, dove non esiste alcun servizio di salvataggio con personale qualificato e da una recente indagine condotta dalla Società Nazionale di Salvamento, queste rappresentano il 40% dei 5000 chilometri di spiagge balneabili.

Questi dati sono purtroppo supportati dal numero di incidenti mortali, che si registrano tra coloro che si dedicano alle attività balneari e che gli studi statistici rivelano essere circa un centinaio ogni anno. Anche se, bisogna sottolinearlo, molti di questi decessi sono causati da arresto cardiaco improvviso, a seguito del quale la vittima trovandosi da sola in acqua subisce la sommersione, e di conseguenza l’incidente spesso viene classificato come sindrome da annegamento.

In ogni caso questo rimane un dato particolarmente significativo, se si considera che questi incidenti sono concentrati per la maggior parte nel periodo estivo e sempre secondo i dati statistici, la quasi totalità degli annegamenti si verifica, guarda caso, sulle spiagge cosiddette “libere”, vale a dire ove non esiste un servizio organizzato di salvataggio.

In questo contesto la Capitaneria di Porto – Guardia Costiera, gioca un ruolo fondamentale, in quanto organismo preposto e tecnicamente competente
a garantire la sicurezza in mare. Infatti gli uffici dei Compartimenti Marittimi, ad ogni inizio stagione emanano “L’Ordinanza di sicurezza Balneare”, la quale per tutto il periodo estivo, normalmente dal 1° maggio al 30 settembre, disciplina gli aspetti relativi alla sicurezza della navigazione, dei bagnanti, nonché degli utenti in genere, che frequentano le spiagge.

La normativa vigente, purtroppo non prevede la vigilanza sulle spiagge libere; l’unico obbligo a carico delle amministrazioni dei comuni costieri e quello di apporre una segnaletica sull’assenza di servizio di salvataggio. Ma come è facilmente intuibile, queste indicazioni sono del tutto insufficienti ad impedire il verificarsi di incidenti: i cartelli infatti non salvano le persone, i bagnini sì.

C’è comunque da chiedersi perché uno stabilimento balneare è obbligato a garantire un servizio di salvataggio con personale brevettato, quando un Comune può semplicemente apporre un misero cartello. Sicuramente per motivi economici non si può pretendere che tutti i 5000 km di spiagge siano sorvegliate, ma almeno le più frequentate lo dovrebbero essere.

Per fortuna esistono alcuni Comuni più sensibili al problema della sicurezza dei propri turisti e cittadini, e grazie a convenzioni stipulate con cooperative di Bagnini, riescono ad assicurare il servizio di salvataggio sui litorali più frequentati da bagnanti nel periodo estivo.

Alla stessa maniera la pensa la Regione Sicilia, che unica in Italia, con la Legge n. 17 del 1998 “Istituzione del servizio di vigilanza e salvataggio per le spiagge libere siciliane”, ha obbligato tutti i Comuni a dotarsi nelle spiagge libere di un servizio organizzato di salvataggio. Un’indiscutibile segno di grande civiltà.

In Italia sono due le associazioni che su delega del competente Ministero dei Trasporti e della navigazione, sono autorizzate a rilasciare la certificazione professionale per svolgere il servizio di salvataggio sul litorale marittimo, piscine fiumi e laghi: la Società Nazionale di Salvamento (SNS), www.salvamento.it fondata nel lontano 1871, è stata la prima associazione al mondo a qualificare professionalmente i Bagnini di salvataggio in servizio presso gli stabilimenti balneari, e la Federazione Italiana Nuoto settore Salvamento (FIN) www.federnuoto.it riconosciuta dal C.O.N.I.. Entrambe le associazioni, si avvalgono di una rete di sezioni presenti su tutto il territorio nazionale, le quali tramite i propri Istruttori organizzano corsi per il conseguimento del brevetto di Bagnino di Salvataggio (SNS) e Assistente bagnanti (FIN), cambia il nome ma non cambia la validità, in quanto entrambi i brevetti sono equivalenti.

Anche i requisiti di idoneità per accedere al corso formativo e il percorso didattico, sono pressoché identici: età compresa tra i 16 e 55 anni, provate capacità natatorie, buono stato di salute, la frequenza a circa 40 ore di lezioni, divise tra teoria e pratica, durante le quali gli allievi acquisiscono principalmente specifiche competenze nel nuoto di salvamento, gestione dell’emergenza e primo soccorso in ambiente acquatico.

Le prove d’esame per il conseguimento del brevetto valido per il litorale marittimo, fiumi, laghi e piscine, avvengono al cospetto di una commissione presieduta da un delegato della locale Capitaneria di Porto, da un medico e dall’istruttore e prevedono: una sessione di teoria sulla conoscenza dell’ordinanza balneare e gestione dell’emergenza; una di pratica, con prove di voga sul pattino e di primo soccorso con rianimazione sul manichino; infine la prova di salvataggio a nuoto, e proprio su quest’ultima, la più importante, che la SNS e la FIN si differiscono in modo sostanziale.

La FIN prevede infatti che l’aspirante Assistente bagnanti, debba dimostrare di aver raggiunto almeno le seguenti abilità minime: nuotare m 100 a crawl in meno di 1’40” , percorrere, in meno di 1’25”, m 50, di cui 25 m crawl testa alta recupero del manichino a 1,50 metri di profondità, 25 m del ritorno trasportando il manichino con una delle prese codificate, nuotare m 25 in apnea recuperando tre oggetti intervallati di 5 m, infine trasportare il manichino per 25 m dando dimostrazione di tre tecniche codificate.

La prova della SNS, che invece risale ad una circolare in vigore dal 1929 (quasi un secolo fa), prevede che il candidato sostenga le prove in un tempo massimo di 8 minuti: 25 m. rana subacquea (se la prova viene eseguita in piscina), sommozzare e ripescare un oggetto di 3-4 Kg su fondali di 4-5 metri (se la prova viene effettuata in mare), 25 m. stile libero, 25 m. rana, 25 m. dorso, 25 m. stile libero testa alta, immersione e recupero pericolante sul fondo, 25 m, trasporto pericolante e recupero sul bordo vasca.

Per entrambe le associazioni esiste anche la possibilità di conseguire il brevetto di salvataggio per prestare servizio solo nelle piscine, che a differenza di quello “completo” al candidato Bagnino e/o Assistente bagnanti non è richiesta, né la prova di voga, né la conoscenza dell’ordinanza balneare, per cui nella commissione non è prevista la presenza del delegato della Capitaneria di Porto. Successivamente è comunque possibile acquisire il brevetto di abilitazione anche per il litorale marittimo, partecipando ad una sessione di esame di quest’ultimo, integrando le prove di esame non effettuate in precedenza: voga e ordinanza balneare, senza ripetere quella di nuoto.

Oggi quindi oggi ci troviamo di fronte a due esami (FIN e SNS), i quali nonostante siano validi per il conseguimento della stessa abilitazione, presentano evidenti disomogeneità di valutazione proprio nella prova principale, quella del nuoto, dove oltremodo per la FIN, secondo quanto prescrive il proprio regolamento, non è obbligatoria la presenza del delegato della Capitaneria di Porto, se non nella prova di voga.

L’anomalia forse più evidente rimane comunque quella sul livello di aggiornamento e competenze che i Bagnini e Assistenti bagnanti riescono a mantenere negli anni, su argomenti quali ad esempio: la gestione delle emergenze, l’utilizzo di nuove attrezzature, il primo soccorso, le leggi e i regolamenti. Le attuali normative vigenti purtroppo non prevedono nessun obbligo in questo senso, ma sia la FIN, che la SNS, richiedono periodicamente il rinnovo del brevetto ai propri soci.

Alla FIN, l’Assistente bagnanti è chiamato ogni due anni ad effettuare un versamento di 58 euro, mentre il Bagnino della SNS rinnova il brevetto ogni tre anni, ma con un versamento di 80 euro. La procedura è semplice: due foto, certificato medico che attesta il buono stato di salute, si compila un modulo con i propri dati, si allega copia del versamento e si spedisce alle rispettive associazioni, dopo qualche giorno si riceve un nuovo fiammante brevetto….. ma con nessun aggiornamento incluso.

Tale iniziativa viene spesso lasciata alla buona volontà degli istruttori più attivi, oppure alla responsabilità del singolo brevettato. In Toscana a partire dal 2009, la FIN e la SNS grazie ad un protocollo d’intesa sottoscritto con la stessa Regione, hanno avviato un progetto triennale in collaborazione con il servizio d’emergenza 118, che prevede la possibilità di frequentare un corso di aggiornamento di primo soccorso, per tutti coloro che devono rinnovare il brevetto di salvataggio (visualizza il protocollo d’intesa).

Per capire se davvero esiste questa necessità di aggiornarsi, ho eseguito un sondaggio su un campione di 140 tra Bagnini e Assistente bagnanti, intervistati direttamente sulle spiagge dove prestavano servizio, ponendo loro dieci domande su argomenti legati alla loro attività, senza loro chiedere a quale delle due associazioni appartenessero.

Il 96% è di sesso maschile, l’età per il 18% è compresa tra i 16 e i 20 anni; per il 20% tra i 25 e 30 anni; il 16% tra i 30 e i 40 anni; il 18% sono invece gli over 40.
Il 15% possiede il brevetto da meno di due anni; il 26% da 3 a 5 anni; il 32% da 5 a 10 anni; mentre il 26% da oltre dieci anni.

Ecco i risultati:
Il 10% non conosce l’orario di balneazione: (dalle ore 9 alle 19), alcuni lo scambiano per il proprio orario di lavoro.

Quasi il 20% non conosce la zona riservata alla balneazione (normalmente si estende a largo per 200 metri dalla battigia).

Il 40% non ricorda il numero blu d’emergenza della Guardia Costiera (il 1530).

Il 32% non conosce l’esatto significato della bandiera rossa (pericolo per la balneazione), tutte le risposte errate sono state “divieto di balneazione”, peccato che l’Italia è l’unico Paese europeo che ancora permette la balneazione quando esiste un giustificato pericolo per praticarla, tanto c’è (quasi) sempre il bagnino che rischia la vita per salvare il solito “avventuriero” di turno.

Il 71% non è in grado di riconosce una zona di mare dove si sono formate delle buche, (a causa della maggiore profondità, a mare calmo il colore dell’acqua risulta più scuro, mentre con mare agitato le onde che attraversando la buca non frangono), per questo attraggono i bagnanti che annegano perché non toccano più, e sfiancano i nuotatori per la corrente sempre presente che li spinge a largo, fino alla perdita completa delle forze per mantenersi a galla.

Oltre l’80% non concentra la propria attenzione sui soggetti più a rischio in acqua (i non nuotatori), persone che utilizzano galleggianti, che rimangono vicini a riva perché hanno paura dei fondali profondi, nuotatori goffi che nonostante si prodigano in cento bracciate, rimangono sempre piantati nello stesso punto, oppure che avanzano nell’acqua tenendo la testa molto sopra la superficie. In questo caso la risposta è stata sempre: “i bambini, gli anziani e i diversamente abili”. Errore comune di chi ragione con la mentalità “terrestre” invece che “acquatica”. In acqua un diversamente abile, un’esile bambino, o un anziano, potrebbe essere molto più acquatico, di un giovane palestrato che non è capace a nuotare e rischia di affogare dove l’acqua è profonda solo pochi centimetri sopra l’altezza delle sue vie respiratorie.

Il 38% non è capace ad eseguire una gassa d’amante, (nodo per eccellenza di arresto, utilizzato frequentemente per l’ormeggio).

Oltre l’80% non ha la minima idea di cosa sia un’isobara (linea che unisce i punti di uguale pressione, utilizzata sulla mappe meteo).

Il 31% non conosce la rosa dei venti. La domanda chiedeva quale vento spira da sud-ovest.

Il BLS (Basic Life Support) questo sconosciuto.
L’ultima domanda proposta, ma non per questo meno importante delle precedenti, al contrario è quella che meglio individua la portata del problema: spiegare la corretta sequenza delle manovre di primo soccorso, più precisamente la rianimazione cardio polmonare (RCP).

Il risultato è stato che il 75% degli intervistati (la percentuale sfiora il 90% nei brevettati da oltre 6 anni) non conosce la corretta sequenza per eseguire delle semplici manovre salvavita, oppure non è aggiornato sulle ultime linee guida emanate da IRC – Italian Resuscitation Council (www.irc-com.org).

Questo rappresenta sicuramente il dato più allarmante, in quanto oltre alla significativa percentuale negativa, (che sicuramente sarebbe stata superiore, se oltre al test teorico, avessimo fatto eseguire anche una prova pratica) includiamo gli aspetti di carattere penale (omicidio colposo per imperizia), senza contare quelli morali per non essere riusciti a riportare in vita una persona a causa di una improvvisata gestione dell’emergenza. A seguito della quale il giudice, eseguendo anche solo una semplice ricerca su internet, scoprirebbe migliaia di siti web che descrivono le corrette procedure di primo soccorso, meglio conosciute come basic life support (BLS) previste dagli standard internazionali per soccorritori laici ILCOR -International Liaison Committee on Resuscitation.

Il Bagnino del Bagno Maria, famoso personaggio del simpatico comico toscano Panariello, non dovrebbe esistere più da tempo, pensare di eseguire un salvataggio a nuoto a mani nude, equivale ad un suicidio. Oggi ad esempio esistono importanti attrezzature di supporto, dal bay watch al giubbotto gonfiabile, alla moto d’acqua, dalla gestione del trauma spinale in acqua, al defibrillatore semiautomatico, fino alla somministrazione dell’ossigeno, con corsi di alta specializzazione per il loro corretto utilizzo.
Se non si è aggiornati, essere in possesso di un brevetto da trent’anni, non significa avere trent’anni di esperienza, ma la stessa esperienza derivata da un anno, ripetuta per trenta.

Probabilmente una certificazione di qualità specifica per il servizio di salvataggio in acqua, riconosciuta da precisi standard internazionali, potrebbe aiutare l’utenza balneare ad individuare con facilità le strutture che garantiscono una maggiore professionalità e preparazione in questo settore, che tra mare e impianti natatori, ogni anno vede aumentare considerevolmente il numero dei frequentatori. In questo modo un cliente più attento alla sicurezza personale e dei propri familiari, prima ancora che allo spazio in cabina o del posto del lettino in prima fila, sarà in grado di individuare e selezionare lo stabilimento balneare o la piscina, che offre il miglior servizio di salvataggio.

Già la qualità… sì perché come abbiamo potuto verificare non sempre chi è in possesso di un titolo professionale, è aggiornato e in grado di rispondere più efficacemente seguendo nuove linee guida o tecniche più avanzate, e il Bagnino o l’Assistente bagnanti non fanno eccezione.

Questo sondaggio anonimo, è stato effettuato esclusivamente per capire se esiste tale necessità, con il solo obiettivo di sensibilizzare chi nel settore a vario titolo si occupa di salvataggio in acqua, avvalorato anche dal fatto che sia la FIN che la SNS possiedono un programma didattico assolutamente completo, di fatto nei loro manuali è riportato tutto quello che è stato richiesto in questa indagine.
Quindi amici Bagnini e Assistenti bagnanti, che hanno partecipato al sondaggio o letto questo articolo e non hanno saputo rispondere anche solo ad una delle dieci domande descritte sopra…… specializzatevi e soprattutto aggiornatevi.

Visualizza i risultati in formato grafico (pdf)

Nota bene.: Tengo a precisare che la vignetta di apertura (ringrazio l’autore), non intende ovviamente rappresentare la reale situazione di preparazione dei Bagnini e/o Assistenti Bagnanti, ai quali ogni anno va il merito di prevenire e salvare centinaia di persone dall’annegamento, ma vuole solo richiamare l’attenzione su uno degli aspetti più importanti del percorso formativo del soccorritore professionista trattato da questo articolo: l’aggiornamento periodico.

Stefano Mazzei

fonte: http://www.sunbeach.info/

3 Comments

  1. Condivido a pieni voti… Nella mia zona e’ capitato che su 90 assistenti bagnanti… 61 non avevano mai aggiornato il brevetto…
    …. Lasciamo perdere….
    Complimenti!!!
    Alex

  2. concordo con quanto scritto sopra e aggiungerei un paio di cose: l’aggiornamento deve essere gratuito, e obbligatorio dato che i corsi costano gia’ a sufficenza;
    le spiagge dovrebbero essere attrezzate con moto d’acqua e non con i pattini, ma senza pagare cifre esorbitanti per la patente nautica, il tutto dovrebbe essere compreso nel brevetto MIP;
    dovrebbe esistere un albo e un sindacato per i bagnini e assistenti bagnanti, che tutelino le due categorie e dispongano tariffe standard per il calcolo di un equo compenso mensile. non siamo colf, salvaguardiamo e salviamo vite umane!!!!!!
    Babs

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