Per i bagnini in servizio sul tratto di mare (spiaggia privata) dove si è verificato l’annegamento potrebbe scattare l’iscrizione al registro degli indagati. Ipotesi di reato: omicidio colposo.
La maglietta è quella con cui ha giocato, e vinto, il torneo di Poggioletto, a Massa. Ventiquattr’ore prima di morire annegato, a dieci metri da riva, mentre stava facendo il bagno con un amichetto. I compagni di squadra del tredicenne senegalese Aliou Mbengue, si sono ritrovati al campo sportivo del San marco Avenza. Per autografare quella maglietta.
E consegnarla poi ai genitori di Aliou, insieme alla coppa che il loro figlio aveva alzato al cielo dopo quella che sarebbe stata la sua ultima partita. Intanto sul corpo del tredicenne non è stata svolta l’autopsia: solo un esame esterno che ha accertato la causa della morte: asfissia per annegamento. Presto Aliou, che riposa coperto da un velo all’obitorio, partirà per il Senegal, dove verrà sepolto.
Le indagini sulla sua tragica morte vanno avanti e in particolare si cerca di capire se i soccorsi sono davvero partiti in ritardo e se l’allarme dato dall’amichetto di Aliou sia stato sottovalutato.
Per i bagnini in servizio sul tratto di mare (spiaggia privata) dove si è verificato l’annegamento potrebbe scattare l’iscrizione al registro degli indagati.
Ipotesi di reato: omicidio colposo.
Il pomeriggio di gioco sul mare con gli amici si era infatti trasformato in tragedia per il ragazzino senegalese (da tempo residente ad Avenza, alla periferia di Carrara) grande promessa del calcio apuano che giocava come centrocampista nel San Marco Avenza, nella categoria esordienti. Il ragazzo stava giocando quando, improvvisamente è andato giù. Forse un malore. Forse, come dicono tanti ragazzini un canale profondo che spacca in due il fondale. Su questo ci sono ancora tutti gli accertamenti in corso. L’amichetto, quando lo ha visto scomparire ha dato l’allarme ma, racconta, all’inizio non gli hanno creduto.
«Mi dicevano che era uno scherzo» racconta ancora angosciato Francesco. Intanto il tempo scorreva, forse per il piccolo Aliou è stato fatale. Su questo i genitori ora chiedono chiarezza. Ma, intanto, in quei terribili minuti, si è mobilitato il cuore della gente. I bagnanti hanno fatto una catena umana, si sono presi per mano. Per cercare di arrivare nel punto dove era andato giù, inghiottito dalle acqua il piccolo Aliou. I surfisti hanno pattugliato quel tratto di mare, e si sono buttati più volte, per cercare di portarlo a galla. E, quello che ha fatto stringere il cuore, sono stati i compagni di squadra di Aliou: in canoa, due alla volta, facevano la spola da riva. Per ritrovare l’amico. Alla fine, dopo quasi un’ora, Aliou è tornato a riva: ma portato a spalla, privo di sensi. La corsa all’ospedale è stata vana: è morto poco dopo essere arrivato al Pronto soccorso.
Adesso la famiglia vuole giustizia. «Vogliamo sapere- dice il padre, da anni a Carrara dove lavora come operaio – perché è rimasto così a lungo in acqua». All’ospedale sono arrivate, in lacrime anche le maestre di Aliou. «Pochi giorni fa lo abbiamo salutato, in pizzeria. Gli abbiamo lasciato un biglietto. C’erano i nostri numeri di telefono e sotto avevamo scritto: Noi per te ci saremo sempre Aliou». Quel biglietto era nello zainetto di Aliou, quello tenuto stretto dall’amico Francesco. Fuori dall’ospedale dove Aliou è morto.
28 giugno 2011