“Nuoto e il fattore paura” di Alex Stecchezzini e Gabriela Vasile
Una storia vera:
La figlia di Annalyn Barbier di 6 anni e una “sguazzatrice di acqua dolce” è stata invitata a trascorrere una settimana a casa di un amico, che aveva una piscina. La signora, un appassionata nuotatrice, voleva che sua figlia fosse in grado di essere autosufficiente in acqua. Cosi ha iscritto la bambina a lezioni di nuoto in una scuola vicino acasa, così da semplificare il normale svolgimento delle lezioni da parte sua e del marito ma non aveva idea di quanto la figlia temeva l’acqua.
“La bimba urlava e piangeva e assolutamente rifiutava di andare in piscina!!” Ho insistito e le ho detto che ho pagato le sue lezioni, e comunque, farò in modo di stare vicino a lei sul bordo vasca non lasciandola sola. La bambina non ne voleva sapere , urlando “ti odio” e insistendo sul fatto che non avrebbe mai frequentato la piscina.
L”istruttore, sembrava prosperare su casi difficili così lei e un’altra ragazza altrettanto terrorizzata furono messe in acqua insieme, mentre la signora sedeva dove sua figlia poteva vederla e rassicurarsi e gradualmente la situazione migliorò. Entrambe le bambine finirono il corso senza incidenti e con grande successo. Ora la “ragazza” ormai 14 enne adora andare in acqua ed è in grado di nuotare bene in totale autosufficienza e sicurezza.
Come la signora Annalyn Barbier, ritengo che nuotare sia un valore essenziale della vita e che i bambini dovrebbero imparalo a scuola. Anche se in futuro non andranno a nuotare, importante è sopravvivere perché può capitare di cadere in acqua in qualsiasi momento dato che viviamo in un paese circondato dall’acqua… Ci sono ostacoli d’acqua ovunque – non solo a spiagge e piscine, ma anche laghi, stagni, parchi acquatici e cortili attrezzati con le cosiddette piscine per bambini.
L’annegamento:
L’annegamento è la seconda causa di morte tra i bambini di età da 1 a 19. Questo perchè un enorme numero di bambini non sono in grado di nuotare!
La Consumer Product Safety Commission ha riferito 47 casi di bambini morti annegati in piscine gonfiabili. Un bambino piccolo che si appoggia sopra al lato molle di una piscina gonfiabile, può facilmente cadere a capofitto e non essere in grado di rialzarsi e quindi affogare velocemente. Mentre tra gli adulti le cause principali sono l’imperizia, i malori o le cadute accidentali, per i più piccoli prevale la mancata sorveglianza degli adulti. E’ un fenomeno allarmante soprattutto per il proliferare delle piscine private, anche di piccole dimensioni, dove è più facile entrare e più semplice cadere. Un bambino piccolo può annegare anche in appena 30 cm d’acqua.
Tre anni fa, l’American Academy of Pediatrics ha aggiornato la sua politica rafforzando il suo consiglio, che i bambini dall’età di 4 anni dovrebbero imparare a nuotare perché in questa fascia di età si ha il massimo apprendimento .
Imparare a nuotare per prevenire l’annegamento!
Secondo la USA Swimming Foundation, circa il 70 %o dei bambini afro-americani, il 60 % dei bambini del Latino e il 40 % dei bambini bianchi sono nuotatori.
La mancanza di accesso e di vincoli finanziari rappresentano solo in parte per questi numeri. Paura, fattori culturali e anche problemi estetici giocano un ruolo importante se non chè al giorno d’oggi anche i problemi finanziari e di tempo.
“Prima della guerra civile, più neri che i bianchi potevano nuotare,”Lynn Sherr, l’autore di “Swim: Perché amiamo l’acqua”, ha detto in un’intervista. “Ci sono molte storie di naufragi in cui gli schiavi neri salvarono i loro padroni.”
Ma, come la signora Sherr appreso da Bruce Wigo della International Swimming Hall of Fame, la segregazione ha distrutto la cultura natatoria della comunità di colore. “Una volta che i bianchi hanno scoperto il nuoto, la cultura di colore è stata sempre esclusa dalle piscine pubbliche e spiagge sorvegliata da un bagnino,”
Mr. Wigo… le disse… per fortuna molto anni fà.
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Come risultato, molti genitori di minoranza culturale, non solo etnica, non hanno mai imparato a nuotare. Gli adulti che non sanno nuotare spesso temono l’acqua e direttamente o indirettamente, trasmettono la paura ai loro figli così da allontanarli da un’attività fisica formativa e da una sicurezza basilare per il loro futuro.
Un insegnante di seconda elementare che conosco e porta la sua classe in Piscina per lezioni di nuoto ha ricevuto una risposta negativa da una madre che gli ha rifiutato la richiesta dicendogli: “perché ha paura dell’acqua.”
L’insegnante giustamente rispose, che a maggior ragione il ragazzo dovrebbe frequentare con la sua classe e quindi la compagnia e la forza dei suoi compagni in piscina, gli migliorerebbero la sua conoscenza e fiducia in acqua.
Cullen Jones, medaglia d’oro olimpica e recordman di nuoto, è quasi diventato una “statistica” nell’annegamento all’età di 5 anni quando è stato catapultato dalla sua “camera d’aria galleggiante” in un parco acquatico ed è rimasto sommerso per 30 secondi.
Fu salvato da una rianimazione cardiopolmonare (RCP), e dopo questo evento i suoi genitori hanno insistito che imparasse a nuotare, diventando quindi una “statistica” nel mondo del nuoto agonistico mondiale.
I danni più gravi, per la popolazione ma anche per un nucleo famigliare, non è l’annegamento, ma ben sì l’altissima pericolosità dei semi annegamenti, che possono riportare invalidanti danni fisici e mentali, anche permanenti.
Attraverso USA Swimming fece un campagna “Splash”, dove il signor Jones, che uomo di colore, girò il paese incoraggiando i bambini delle minoranze cultura ed etniche ad imparare a nuotare cercando di convincere i loro genitori dell’importanza di fare lezioni di nuoto.
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Realtà…:
Italia, una penisola bagnata su tre lati dal mar Mediterraneo, paese di poeti, santi e navigatori, ma non di nuotatori. Il 40% della popolazione non sa nuotare, da un indagine a campione utilizzato per la rilevazione statistica soltanto il 32% della popolazione sa nuotare (con una corretta respirazione, uno degli aspetti fondamentali) reale indice di un comportamento sicuro.
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Il 41% riesce a mantenersi a galla senza problemi in acqua profonda, solo il 35% riesce a tenere gli occhi aperti sott’acqua. I numeri, così bassi per una popolazione teoricamente avvezza all’ acqua, spiegano anche perché il 93% ritiene importante sensibilizzare i genitori ed offrire loro strumenti educativi per il comportamento in acqua.
I dati più recenti che ho trovato sono quelli riferiti al 2011, parlano di quasi 800 annegamenti all’anno in Italia, la metà dei quali con gravi conseguenze ed in 157 casi mortali. Vuol dire che il restante può aver subito danni semi-permanenti e diventare quindi un costo per la società e un grave difficoltà per il nucleo famigliare.
Una corretta educazione al comportamento in acqua potrebbe evitare situazioni come queste, ma grande attenzione va prestata anche nei laghi, nei fiumi e nelle piscine private. Si tratta di un dato pressoché costante negli ultimi dieci anni e comunque ben inferiore a quello degli anni ’60-’70, quando le vittime da annegamento, in Italia, si contavano tra le 1.200-1.300 ogni anno.
Fortunatamente le statistiche per i bambini al di sotto dei 14 anni, sono diminuite del 90% grazie evidentemente all’effetto combinato di vari fattori quali l’informazione, ed un numero maggiore di impianti e professionalità.
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I genitori non sono sempre i migliori insegnanti, perche potrebbero trasmettere ansia al bambino, ma debbono comunque essere presenti e visibili al bambino durante le prime lezioni di nuoto come figura di riferimento rassicurante.
Un bambino che è molto spaventato o nervoso vicino all’acqua necessita un diverso approccio ed una specifica didattica all’ambientamento acquatico! Realizzare una corsia dedicata a persone spaventate o con poca sintonia con l’acqua, sicuramente, ne facilita l’apprendimento e ne apprezzeranno di più i loro progressi.
Ancora meglio sarebbe ancora più efficace un’attenzione individuale per le persone adulte almeno per le prime lezioni mentre pei i piu piccoli è molto piu efficace una formazione di gruppo e confronto con gli altri bambini.
Assicurarsi che l’istruttore abbia avuto una formazione dedicata alla gestione di questo tipo di persone così da non comprometterne o peggiorare la situazione con effetti irreversibili.
Le Lezioni normalmente iniziano insegnando ai bambini a non avere paura dell’acqua attraverso vari esercizi sotto forma ludica utilizzando attrezzi e giochi allegri e colorati Aumentando gradualmente la loro confidenza con l’acqua senza piu il fastidio di ad avere i loro volti bagnati, imparando a fare le bolle e sollevare il loro viso per prendere un respiro. Ne segue il galleggiamento e la respirazione correttamente, mentre abbinano i primi movimenti come la stellina, il “cane” e il “siluro”.
Oltre ad imparare a nuotare, comunque i bambini vanno tenuti sotto controllo da parte di un adulto con un minimo di capacità natatorie, quando sono in acqua e in prossimità. Spetta ai genitori stabilire norme di sicurezza e le precauzioni da tenere nell’ambiente in cui si trovano.
Regole di base:
Regola numero 1: Mai nuotare da solo.
Un adulto che sa nuotare deve essere sempre presente prestando attenzione al bambino, un libro o un telefono cellulare disturbano l’attenzione e compromettono la sicurezza.
Anche i più anziani che sono nuotatori da molto tempo, devono essere sorvegliati, o almeno dovrebbero sempre essere accompagnati o assistiti da un amico o una figura che abbia buone capacità natatorie.
Regola numero 2: E’ incredibile quante vittime faccia l’imprudenza: c’è chi sta ore sdraiato al sole e poi si butta tra le onde esponendosi al rischio di un terribile shock termico, uno sbalzo di 10-15 gradi che può rivelarsi fatale; c’è chi mangia, beve, fa interminabili partite di pallone e poi si getta in acqua sudato asserendo che ‘non fa niente’.
L’American Academy of Pediatrics “obbliga” chi sorveglia i bambini/anziani in acqua a sapere come eseguire la rianimazione cardiopolmonare, per ogni evenienza, avendo anche la conoscenza minima delle differenze fisiologiche e anatomiche dei natanti.
“Il processo di annegamento inizia quando le vie aeree della vittima sono sommerse sotto la superficie dell’acqua. Mentre sopra l’acqua, un bambino in genere lotta per 20 secondi prima che venga sommerso.
Al contrario, un adulto lotta per circa 60 secondi prima di essere sommerso.” Per un bambino in sommissione bastano 30″ per perdere conoscenza!
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Ai bambini dovrebbe essere insegnato a non sguazzare in modo manesco in acqua e di non tenere gli altri bambino sott’acqua, anche se per pochi istanti. Dovrebbe essergli insegnato anche di non gridare “al lupo” – urlare per chiedere aiuto solo per divertimento questo porterà a che nessuno arriva quando è veramente necessario.
Non importa quanto bene un bambino impara a nuotare, importa invece che nessun bambino può annegare avendo avuto nozioni di base con un corso di nuoto studiato e ben costruito ma soprattutto svolto da personale esperto e qualificato, ha detto il dottor Jeffrey Weiss, l’autore principale dell’American Academy of Pediatrics.
Continuare a praticare il nuoto è un’attività che esercita tutto il corpo e può essere perseguito per tutta la vita con benefici a 360°.
La mia vecchia Zia riesce a malapena a camminare mentre in acqua si muove senza difficoltà. Pratica ancora questa attività più volte alla settimana in una piscina a qualche chilometro dalla sua abitazione con grandi benefici per la sua salute.
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Altri articoli ed informazioni:
http://www.alexstecchezzini.it/blog/
Bibliografia:
http://www.iss.it – Dati forniti da Istituto Superiore di Sanità – Annegamento e Pericoli della balneazione. Roma (Rapporti ISTISAN 12/23) consultabile e scaricabile da sito.